Benvenuto alla versione virtuale della mostra fotografica Inside | Le stanze della riabilitazione post Covid.
Mentre la risalita dei contagi rende impraticabili gli eventi pubblici, la mostra fotografica esposta dal 10 al 24 ottobre nel chiostro di Santa Maria delle Grazie a Gravedona ed Uniti si sposta online. Niente prenotazioni o numeri chiusi, solo voi e il vostro pc o smartphone (in questo caso suggeriamo la visione delle fotografie in modalità orizzontale).
Rappresentare eventi contemporanei non è mai facile, tantopiù ora che tante immagini di reparti Covid tornano a scorrerci quotidianamente davanti agli occhi, si tratti del feed dei social media o dell’accompagnamento visivo del parlato giornalistico.
Le fotografie di questo progetto, richiamando l’immaginario del fotogiornalismo d’autore in bianco e nero, tentano di sottrarsi al flusso ininterrotto di immagini che ci rende testimoni sempre presenti, quasi abituati (e quindi narcotizzati) degli eventi che stanno ancora accadendo.
- Il percorso espositivo si apre, appena qui sotto, con le 44 fotografie di Inside, il progetto che dà il titolo alla mostra, accompagnate da didascalie minime – la speranza è che le immagini parlino da sé.
- Nella “seconda sala” gli 11 ritratti di Personæ raccontano con volti coperti e scoperti lo sforzo del personale sanitario.
- Segue una biografia dell’autore della mostra fotografica virtuale Inside con un autoritratto.
- Infine, troverai un libro firme virtuale, dove i visitatori online sono invitati a lasciare un commento.
Buona lettura e buona visione.
Inside | Le stanze della riabilitazione post Covid
Ospedale Moriggia Pelascini, Gravedona (CO)
Unità di terapia sub-intensiva per Covid-19
21 – 28 aprile 2020
Tra le regioni più colpite al mondo dalla pandemia causata dal SARS-CoV-2 sul finire del 2019, la Lombardia ha visto molti dei propri ospedali cambiare improvvisamente volto e riconvertirsi in centri specializzati per fronteggiare in emergenza gli effetti dell’infezione, la malattia denominata COVID-19.
Dopo interminabili giorni di bollettini sempre più drammatici sui dati di mortalità e di accesso alle terapie intensive, verso la fine di aprile la curva epidemica comincia a farsi discendente in Italia e anche in Lombardia: le terapie intensive lentamente si alleggeriscono, e la popolazione, galvanizzata dall’avvicinarsi della fine del lockdown, utilizzato come contenimento dell’epidemia, tira un sospiro di sollievo. Siamo in maggio. Per rialzarsi definitivamente, tuttavia, serve tempo.
Nell’unità di terapia sub-intensiva per Covid-19 di un ospedale lombardo dell’Alto Lario, riconvertito a ‘Ospedale COVID-19’ a marzo 2020 con eccezionale sforzo organizzativo da parte dei suoi organismi dirigenziali, prosegue il lavoro quotidiano di recupero dalla malattia. Il personale sanitario lavora senza sosta, la fisioterapia è faticosa, la riabilitazione polmonare lunga e impegnativa. Qui molti pazienti sono collegati a lunghi tubi per l’ossigeno che, durante la permanenza in ospedale, permettono loro di fare qualche passo accompagnati da chi li assiste. I pazienti vivono il percorso di riabilitazione connessi da un lato all’ossigeno, dall’altro agli operatori sanitari che, per quanto celati dietro i dispositivi di protezione individuale, si sforzano ogni giorno di far trasparire e comunicare costante sostegno e umanità.
Inside vi invita a immergervi nella vita ospedaliera: entrate in reparto, percorrete i corridoi vuoti e affacciatevi alle stanze – sempre con discrezione.
L’attrezzatura fotografica è stata introdotta nel reparto COVID-19 all’interno di una custodia subacquea, debitamente sanificata a ogni uscita dall’area “sporca”.
Clicca sulle immagini per ingrandirle. Esci dalla visualizzazione a schermo intero per passare al secondo gruppo di foto.
PERSONÆ
Ospedale Moriggia Pelascini, Gravedona (CO)
Reparto Covid-19, Zona filtro
10 aprile – 30 aprile 2020
Nella memoria del paziente l’esperienza ospedaliera vissuta in seguito a una malattia si lega alle persone dalle quali si è ricevuta assistenza. Ma senza volto non c’è persona – parola che in latino indicava la maschera che gli attori teatrali dovevano indossare per ricoprire un certo ruolo, ora tragico ora comico.
L’incontro umano, inteso non solo come rapporto tra operatore sanitario e paziente ma anche tra due individui, è fondamentale per una visione più ampia ed empatica della presa in carico. Questa empatia, cioè mettersi nella pelle altrui, difficilmente può nascere se dell’altro si vede solo uno stralcio tra cuffia e mascherina – dispositivi di protezione imposti dalla SARS.
Il venir meno della pienezza di questo incontro non può non avere ripercussioni nella psiche del paziente guarito, al quale risulta impossibile evocare il volto di chi gli è stato accanto durante la malattia. L’esperienza racconta di tanti malati di un’altra SARS, quella del 2003, che sono stati afflitti da disturbi psichici, soprattutto ansia e depressione post-traumatica.
Questo progetto ambisce, da un lato, a ricostruire il legame affettivo che, in assenza di barriere di protezione, si instaurerebbe di norma tra curanti e curati. La speranza è che l’immagine di volti scoperti, riallacciati alla memoria di volti coperti, possa contribuire a generare sensazioni positive in chi ha visto un paio d’occhi dentro una tuta integrale chinarsi sopra al proprio letto d’ospedale.
Dall’altro lato, ogni coppia di immagini, fuse insieme come le vocali nel dittongo del titolo, vorrebbe documentare da vicino – letteralmente – lo sforzo del personale sanitario. Su ogni volto leggiamo una costante, i segni dei dispositivi di protezione, e una serie di variabili: l’espressione di stanchezza, sollievo, concentrazione, sconforto, determinazione… Continuate pure voi.
Ogni coppia di immagini è una persona, al contempo una maschera, un ruolo, un individuo, un volto finalmente disvelato con le sue emozioni. Tutto ciò che chiede è di fermarsi, per un poco, a ricambiare lo sguardo.
Clicca sulle immagini per ingrandirle
L’autore
Michele Franciotta nasce a Voghera nel 1995 e
trascorre a Pavia gli anni di formazione scolastica e universitaria.
Complice la passione per l’attività outdoor e per la fotografia naturalistica, nel 2017 si trasferisce sulla sponda nord-occidentale
del lago di Como, dove lavora come terapista in riabilitazione presso l’ospedale Moriggia Pelascini di Gravedona ed Uniti. Nel frattempo porta avanti progetti fotografici personali e su commissione legati soprattutto al mondo dello sport.
A marzo 2020, l’Ospedale di Gravedona è uno degli ospedali lombardi riconvertiti in centri specializzati per fronteggiare la Covid-19. Questo periodo è per lui occasione di maturazione umana, professionale e fotografica: da esso sono nascono i progetti fotografici Inside, diventata poi mostra fotografica (virtuale e non), e
Personae.
Da luglio 2020 vive ai piedi delle Dolomiti.
Durante il lavoro di reportage fotografico nel reparto di sub-intensiva per Covid-19 sono stati realizzati anche alcuni video per l’ospedale Moriggia Pelascini di Gravedona ed Uniti.
Vuoi saperne di più sull’autore? Vai alla homepage del sito.
Libro firme
Come da tradizione, un libro firme attende i visitatori vicino all’uscita della mostra. Lascia un commento qui sotto, per farci sapere le tue impressioni e i tuoi pensieri, o semplicemente per lasciare traccia del tuo passaggio.
Wow , complimenti.Ti ringrazio per avermi dato la possibilità di vedere scenari ‘ nascosti ‘ . Complimenti anche a tutti gli altri ragazzi :mi ha fatto un po’ ‘impressione ‘ vedere i loro volti segnati ,non credevo si fosse arrivati a questo livello.Anzi grazie !Grazie mille per quello che avete fatto e che state facendo.Vi stimo molto .
Complimenti Michele, mostra fantastica.
Grazie per averci portato nei reparti Covid e per averci fatto vedere cosa c’è veramente dietro a quelle porte chiuse, nell’area “sporca”.
Le immagini di Personae fanno quasi impressione, i segni di fatica sul volto degli operatori sono molto toccanti, si può solo immaginare lo stress fisico e mentale a cui siete sottoposti, grazie per tutto quello che fate!
A volte quanto è difficile capire la realtà senza viverla o vederla impressa in un’immagine.
E quando attraverso di esse si vivono pure le emozioni, belle e brutte che siano, beh allora è pura magia che diventa fotografia.
Complimenti
Un grande lavoro svolto con capacità e sensibilità.
Ora più che mai servono testimoni onesti.
Complimenti.
.rivedere il video è come in un certo senso ritornare a lavorare al covid , ti ritornano in mente tutti i momenti di sconforto ,di paura Emozioni che ti toccano direttamente il cuore..complimenti.
❤️Bravo Miki
L’ospedale è per definizione il luogo in cui scienza e umanità si incontrano. Il luogo in cui dati, valori, esami e DPI si mescolano ad empatia, sofferenza e supporto. Con una mano il sanitario porge la terapia al paziente, con l’altra gli stringe la mano fornendogli sostegno. E tutto ciò è racchiuso in questi scatti.
Ci vuole grande sensibilità per cogliere questi aspetti, sensibilità di cui posso essere il primo testimone, sia come amico che come collega, Michele è particolarmente dotato. E questa mostra ne è solamente l’ennesima prova.
Complimenti Michele, di cuore.
Fare informazione è una delle armi più potenti per provare ad avere un mondo migliore, soprattutto con uno dei linguaggi più semplici, le immagini.
Se nessuno prova o vede che cosa è il Covid o la malattia è come vivesse sospeso .Quando una persona è consapevole e vede o ne è colpito a due modi per affrontare la situazione, fregarsene o affrontarla, voi vi siete impegnati e avete dato tutto quello che potevate e anche di più .Speriamo che questa triste situazione finisca presto. Grazie